Intervista a Bobo Rondelli
Venerdì alle 20.30 il Teatro Verdi di Muggia, per il settimo anno consecutivo, ospita il Light of Day Benefit Tour: una serata con il marchio Trieste is Rock all’insegna della musica e a favore della ricerca sul Parkinson, SLA e Sclerosi Multipla, evento benefico patrocinato da Bruce Springsteen e partito da Asbury Park 17 anni fa per arrivare poi anche in Europa.
Sarà Bobo Rondelli, il cantautore, attore e poeta livornese, con una decina di album alle spalle (da solista e con la sua prima band, Ottavo Padiglione), che ha collaborato con artisti del calibro di Stefano Bollani e il regista Paolo Virzì, lo special guest italiano di questa edizione: raccoglierà il testimone da Eugenio Finardi, Davide Van De Sfroos e Vinicio Capossela, ospiti illustri delle precedenti edizioni.
Racconta Bobo Rondelli: «Confesso che non conoscevo il Light of Day prima, ma ho accolto con piacere l’invito… Non so bene cosa succederà, ma ho sempre considerato il palco anche un luogo di estemporaneità, concetto che esiste in pittura e che estendo alla musica. Chi improvvisa sul palco si diverte per primo, non sa dove va a finire e quindi c’è la tensione massima perché rischi di sbagliare note o stonare, ma c’è anche questo elogio all’errore che rende la musica più umana. Ogni musicista presente vive lontano, quindi ci troveremo direttamente sul palco».
A Trieste non ha mai suonato.
«Ero passato al Caffè San Marco per qualcosa che riguardava il cinema e Piero Ciampi, ma non un concerto. Quindi a Trieste non ho mai suonato ed è strano, perché mi sembra così vicina come spirito alla mia Livorno, anzi diciamo che Livorno è la Trieste povera. Ricordo tante chiese diverse, Piazza Unità, le statue di Svevo e Joyce».
Di recente è stato negli Usa. Ha trovato lo spirito di Emanuel Carnevali (poeta e scrittore che ha ispirato alcune canzoni dell’ultimo album)?
«Magari… Quando ci è andato Carnevali (emigrato nel 1914 ndr), gli italiani erano feccia per gli americani: lui ha avuto delle esperienze dolorose lì, passava da un lavoraccio all’altro come si può leggere ne “Il Primo Dio”. Oggi magari le cose sono diverse, ma non per gli afroamericani che ancora devono lottare, a volte. New York mi è piaciuta, capitano tante cose e trovi persone disposte alla follia, non c’è quella tendenza “borghese” a giudicare o un certo perbenismo che magari in Italia ci sono… c’è più libertà. Ma New York non è l’America, è una città moderna, un mondo a sé».
Nel 2015 è uscito il suo ultimo disco di inediti, nel 2016 un tributo a Ciampi (anche finalista al Tenco). E nel 2017?
«In questi giorni sto buttando giù dei provini nuovi, stiamo valutando quelle più adatte al disco che potrebbe anche uscire l’anno prossimo».
Elisa Russo per Good Vibrations, 1 Dicembre 2016